
Uno dei “gioielli“ più rappresentativi della Cattedrale di Teano è senza dubbio Il Crocifisso su tavola sagomata che dal 1960 accoglie, dal fondo del presbiterio- sospeso al centro del secondo arco-, i fedeli che non possono non rimanere stupefatti dal messaggio, certo, di lancinante dolore che da esso promana ma anche dalla linea di infinita dolcezza che esprime tale antichissima opera dalla storia piuttosto travagliata. Infatti questa fu rinvenuta tra le macerie dell’antichissima cattedrale, risalente all’XI secolo ( 1050-1116), quasi del tutto distrutta dalle incursioni aeree del 1943, in virtù dell’impegno, nel lavoro di ricostruzione della stessa, profuso in particolare dal canonico Arminio De Monaco.
La tavola, così fortunosamente trovata, fu poi sottoposta, grazie all’intuito del prof. Roberto Pane e alla premura di mons. Sperandeo, ad una certosina opera di recupero e di restauro da parte della Soprintendenza alle Gallerie della Campania e quindi posta in fondo alla navata centrale del sacro edificio.
Circa l’attribuzione dell’opera, i pareri non sempre sono concordi. Infatti Roberto Causa, che seguì il restauro e l’esposizione della tavola al Palazzo Reale di Napoli durante la IV mostra dei restauri della stessa Soprintendenza del 1960, l’attribuisce, anche con l’autorevole avallo di Roberto Longhi, a Roberto Oderisi, pittore napoletano della seconda metà del XIV secolo che gravitò nell’orbita di grandi maestri della prima metà di quel secolo come Simone Martini, Pietro Cavallini e Giotto.
Successivamente, a partire dal Bologna, l’attribuzione ricadde sul maestro di Giovanni da Barrile (Antonio Cavarretto ?) ( 1330-31) dal momento che, più che all’Oderisio, egli finì con il ricollegarlo alla stessa mano cui sono riconducibili i frammenti del finestrone di Castelnuovo e l’affresco pauperistico-angioino di S. Chiara.
In quest’ultima attribuzione è, quindi, evidente la volontà del critico di cogliere un legame, seppur indiretto ma palese, con Giotto, dal momento che Giovanni Barrile, operante nella bottega giottesca nel cantiere di Castelnuovo, fu uno dei più attenti e fedeli interpreti delle linee pittoriche più delicate e tenere introdotte dal grande maestro a Napoli. A conferma di questa sua intuizione il Bologna aggiunge un altro punto di contatto della tavola teanese con il Crocifisso giottesco di Ognissanti a Firenze del 1315.
Va anche precisato, osservando con attenzione la tavola, che in essa si può cogliere un indubbio influsso bizantino secondo il tipo iconografico del Christus Patiens diffusosi nel corso del Duecento in Toscana e portato avanti, con il sigillo della coeva predicazione francescana, da Giunta Pisano e da Cimabue.
Su tale base iniziale Giotto successivamente impresse l’impronta della sua grandezza, rinnovando questo modello iconografico con una impostazione più naturalistica e mossa, di cui si ha un esempio notevole nella Croce giovanile di Santa Maria Novella (1285-90 circa) e culminato nel già citato Crocifisso di Ognissanti, che dunque costituisce un fondamentale modello di riferimento per quello di Teano.
Da quanto detto si deduce chiaramente che il maestro Giovanni da Barrile rappresenta un rilevante esempio di interessante e originale filiazione giottesca: ciò è riscontrabile in particolare nel torso, modulato con delicati e morbidi passaggi di colore, e nella sapienza virtuosistica del perizoma trasparente.
Resta, al di là della storia e delle vicissitudini di questo rilevante e caratteristico lavoro che campeggia in fondo all’abside, il suo valore per la fede di quanti in esso riconoscono la vicenda suprema e unica di un Dio che si fa uomo e offerta salvifica per l’umanità peccatrice.
Ogni fedele, che entra nella Cattedrale di Teano, non può sfuggire al richiamo di quel Cristo muto nella sua dolente ma non tragica sofferenza: a ognuno di noi Egli ci parla della necessità di un sacrificio mai sterile ma fecondo di vita per quanti in Lui hanno fiducia.
Ernesto Perrone
Il Crocifisso su tavola della Cattedrale di Teano