
di Ida Zano
L’immagine che apre questo articolo sembra appartenere ad un passato ormai remoto. Un passato che, nella coscienza collettiva, appare quasi essere stato inconsciamente “rimosso”.
Era il tempo del lockdown duro, quello che ci tolse perfino la libertà di uscire di casa. Ma nella gente c’era forte la speranza (espressa da migliaia di lenzuola con un arcobaleno dipinto esposte dai balconi e fuori delle scuole) che quel sacrificio fosse necessario, che tutto sarebbe passato, e che addirittura il mondo poi si sarebbe rivelato anche migliore.
L’estate di quell’anno portò anche l’illusione che davvero i duri sacrifici sofferti fossero stati utili per una nuova rinascita, e che tutto davvero alla fine “fosse andato bene”.
Il risveglio crudo e amaro portato dall’autunno e dall’inverno che seguirono, le centinaia di migliaia di morti, l’economia di interi settori produttivi ferma al palo, la disperazione di tanti piccoli negozianti ed imprenditori che arrivarono a togliersi la vita, ci dissero che no, non era affatto andato tutto bene. E che comunque il dopo Covid (quando pure fosse arrivato) avrebbe lasciato ferite difficili da rimarginare, sia nella società che nell’economia.
Oggi i vaccini (un vero miracolo inaspettato in tempi così brevi) hanno riacceso una fiammella di speranza. Ma sarebbe da folli pensare, anche questa volta, che il peggio sia davvero passato.
La vorticosa ripresa economica sbandierata dai media non può e non deve farci dimenticare che il futuro che abbiamo davanti rimane denso di incognite e di pericoli. E che la realtà sociale ed economica del nostro Paese e del resto del mondo mostra voragini di disagio sociale e di nuove povertà che erano già fortemente presenti, e che la pandemia (quasi come una guerra) ha contribuito ad accrescere in modo esponenziale.
Mai come ora, proprio quando appare la flebile speranza che dal punto di vista sanitario la pandemia possa volgere davvero al termine, si rende necessario “fotografare” la reale situazione di disagio sociale e di povertà in cui si trova la società italiana.
La pandemia da Covid ha infatti contribuito ad acuire differenziazioni che nel nostro Paese erano già fortemente presenti, e che ora siamo chiamati tutti ad affrontare e a risolvere. Perchè se così non fosse, dalla pandemia economica si passerebbe in brevissimo tempo ad una più grave “pandemia sociale” difficilmente governabile.
Alcuni dati possono meglio far comprendere il discorso che stiamo facendo.
In Italia (stando al Global Wealth Report 2021 di Credit Suisse) si concentrava a fine 2020 il 3% di tutti i “paperoni” del mondo: 1.480.000 persone, in aumento di 187mila rispetto agli 1.293.000 milionari (in dollari) contati nel 2019.
Nell’anno del Covid sono aumentati a 3.560 (785 in più rispetto all’anno prima) anche i multimilionari con patrimonio superiore ai 50 milioni di dollari. Un incremento, spiega il documento redatto a giugno dalla banca d’affari svizzera, che testimonia ancora una volta come l’emergenza sanitaria abbia aumen tato l’iniquità nella distribuzione della ricchezza tra la popolazione nazionale. L’anno della pandemia, infatti, ha visto crescere specularmente anche il numero di persone in povertà assoluta. In Italia secondo l’Istat sono salite a 5,6 milioni, +20% rispetto all’anno precedente.
Un aiuto prezioso a comprendere nel dettaglio cosa è accaduto e sta accadendo nel nostro Paese viene dal Rapporto 2021 su povertà ed esclusione sociale della Caritas Italiana, dal titolo “Oltre l’ostacolo”.
A ridosso della “Giornata internazionale di lotta alla povertà”, che si è celebrata lo scorso 17 ottobre, il Rapporto della Caritas Italiana affronta il tema dell’usura e del sovraindebitamento di fasce sempre più larghe della popolazione, la crisi del settore turistico, e più in generale lo scenario economico-sociale in cui versa il nostro Paese.
Il Rapporto descrive in dettaglio le politiche di contrasto alla sempre più acuta povertà in cui versano tanti Italiani che la Caritas ha già posto in essere. Ma che è assolutamente necessario potenziare anche per il futuro.
In dodici mesi, per tutto il 2020, la rete Caritas, potendo contare su 6.780 servizi a livello diocesano e parrocchiale ed oltre 93.000 volontari laici, 1.300 volontari religiosi e 833 giovani in servizio civile, è stata capace di offrire sostegno a più di 1,9 milioni di persone.
Il dato più drammatico è che di questi quasi 2 milioni di persone che la Caritas è riuscita a sostenere nel 2020 quasi il 44% è formata da “nuovi poveri”: in altri termini, nel giro di un anno quasi un milione di persone sono precipitate da uno stato di dignitosa esistenza a quello di una povertà pressocchè assoluta.
L’altro elemento che emerge prepotentemente dal Rapporto è l’assoluta inefficienza dei centri di assistenza dello Stato o di altri Enti Pubblici: solo il 37,8% di chi ha fatto ricorso al sostegno della Caritas, infatti, è supportato anche da servizi pubblici.
Un discorso a parte merita il capitolo su usura e sovraindebitamento, curato dalla Consulta nazionale Antiusura “Giovanni Paolo II”. Già prima della pandemia i dati erano drammatici: almeno due milioni di famiglie sopportavano debiti non rifondibili a condizioni ordinarie. Oggi la situazione di sovraindebitamento di tantissime famiglie italiane è ulteriormente peggiorata, assumendo livelli drammatici.
Un dato emerge su tutti con estrema chiarezza: la recessione economica e l’incremento della povertà assoluta hanno conosciuto un netto incremento a causa della pandemia. Basti pensare che nelle province dichiarate “zona rossa” per tempi più prolungati, il reddito si è ridotto di oltre il 50 per cento per un nucleo familiare ogni 20.
Mentre il disagio sociale e la nuova povertà avanzano a ritmi che non si erano mai registrati dal secondo dopoguerra, i media e le Autorità governative si sforzano di trasmettere l’immagine positiva e tranquillizzante di un Paese entrato ormai in un vero e proprio “boom economico”, foriero di sviluppo e di maggiore ricchezza e benessere per tutti.
Ma la realtà che emerge dal Rapporto della Caritas italiana, anche per i primi otto mesi del 2021, ci mostra una realtà molto diversa (soprattutto per quanto concerne il Sud del Paese): rispetto al 2020 crescono del 7,6% le persone assistite; le persone che per la prima volta nel 2020 si erano rivolte ai servizi Caritas e che si trovano ancora in uno stato di bisogno rappresentano il 16,1% del totale; rimane alta la quota di chi vive forme di povertà croniche (27,7%); e più di una persona su quattro è accompagnata da lungo tempo e con regolarità dal circuito delle Caritas diocesane e parrocchiali.
Preoccupa sempre di più anche la situazione di quel 19,2% di poveri “intermittenti” che oscillano tra il “dentro-fuori” la condizione di bisogno, collocandosi a volte appena al di sopra della soglia di povertà, ma sempre in balia di eventi economici/occupazionali (perdita del lavoro, precariato, lavoratori nell’economia informale) e/o familiari (separazioni, divorzi, isolamento relazionale, ecc.).
Ciò che emerge dal Rapporto Caritas appare quindi come il chiaro preludio di una “bomba sociale” pronta ad esplodere, a cui lo Stato mostra di non essere attento, nè pronto a dare una valida risposta.
Ad essere investiti in particolare dallo tsunami economico pre e post Covid, sono soprattutto i giovani e le donne.
Per la prima volta dal secondo dopoguerra un giovane o una donna hanno oggi in Italia la quasi matematica certezza di vivere il proprio futuro in condizioni economico-sociali peggiori di quelle vissute dai propri genitori. L’Italia mostra così di essere sempre più un Paese dove quello che una volta era chiamato l’“ascensore sociale” (ovvero la possibilità per le nuove generazioni di costruire un futuro migliore di chi le aveva precedute) è divenuto una pura utopia.
Una società, come quella italiana, dove oggi il patrimonio dell’1% dei suoi cittadini più ricchi (che detiene il 22% della ricchezza nazionale) vale più di 17 volte la ricchezza detenuta complessivamente dal 20% più povero della sua popolazione, è la società di un Paese che non sta costruendo le basi di un solido futuro.
Gli appelli, sempre più pressanti e accorati, di Papa Francesco al recupero dei valori fondanti delle prime comunità cristiane, per ricostruire insieme una società davvero equa e solidale, appaiono come l’unica profetica soluzione alla sempre più profonda crisi sociale e culturale di cui soffre il Paese (e, con lui, il mondo).
Una crisi che, seppure potenzialmente, potrebbe portare nel breve periodo ad una così acuta disgregazione della convivenza civile, che nessuna moderna democrazia sarebbe in grado di sostenere.
Disagio sociale e nuove povertà. Il Rapporto della Caritas Italiana nel post Covid