
La Parola
13 Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, 14 e conversavano di tutto quello che era accaduto. 15 Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro.
(Lc 24,13-15)
Le parole
L’icona di un cammino
di don Massimiliano Domenico Piciocchi
Il brano dei discepoli di Emmaus e del viandante che cammina con loro, nella tradizione liturgico-celebrativa della Chiesa, rappresenta il corollario della Pasqua.
Il mattino radioso e splendente del giorno di Pasqua, in cui campeggia lo stupore delle donne, tra cui la Maddalena, e dei discepoli che corrono increduli al sepolcro e lo trovano vuoto, stride con la notte tenebrosa del fallimento e della delusione, che albergano nel cuore dei due ignoti viandanti di Emmaus.
Due uomini qualunque, senza nome, senza volto. Due discepoli, con la loro storia di sequela: anche loro hanno lasciato tutto, anche loro hanno seguito il Maestro. La Sua strada, tuttavia, non l’hanno compresa fino in fondo; quell’uomo, in cui avevano riposto tutta la speranza di un futuro migliore, morendo ha tradito le loro attese, li ha delusi. Uomini con la notte nel cuore. Storie di sconfitta e di disfatta nelle quali si fa spazio un viandante, un pellegrino anch’egli anonimo, che si pone accanto a loro e condivide un tratto di strada.
Non c’è modo, forse, più bello di incontrare così lo stupore della Pasqua: un pellegrino che ti si fa accanto nella notte del cuore, che cammina con te, ascoltando e condividendo ogni accento – anche il più dolente – del tuo cuore e che, strada facendo, ti porta fuori dalla notte, verso un’alba di Risurrezione. Gesù: quel viandante oscuro ha un nome e un volto. Gesù: il Maestro che si fa annuncio di salvezza lungo il cammino, che spezza il pane e la Parola, che riannoda i fili spezzati nel cuore di ogni uomo e tutto cura con la misericordia del Padre, di cui si è fatto volto splendente in mezzo agli uomini.
Quando mi ritrovo a sera, o all’alba come in questo momento, a leggere questo tempo e a chiedermi quali frutti possa dare un Sinodo della chiesa universale, così diversa nelle sue espressioni, così variegata anche nelle problematiche e nelle sfide che tempi e spazi differenti le sottopongono, mi sovviene spesso questa immagine: Gesù che avvicina i due discepoli, che cammina con loro, che li porta a scoprire la Pasqua, la buona notizia che si cela dietro la notte.
Qual è questa strada comune da percorrere insieme, se non quella che Gesù ha già tracciato? Qual è questa “invenzione”, questa brillante intuizione pastorale che potrà venir fuori da fasi, consultazioni, domande, risposte, se non la scoperta – antica e sempre nuova – che il Vangelo si comprende solo stando insieme e facendo con Gesù un tratto di strada, se non nella intrinseca sinodalità della chiamata del Signore, che passa raduna, raccoglie, riunisce cuori e menti differenti insegnando loro il comune linguaggio dell’amore?
Coraggio, Chiesa! Lascia che il Signore ti cammini accanto e ti indichi la via!
Come i discepoli di Emmaus porta fuori la tua notte, raccontala insieme alle speranze, alle attese.
Scopriti chiamata a ripercorrere la tua storia senza dimenticare la direzione del tuo cammino, ovvero la Pasqua.
Lasciati condurre dalla Parola di Dio, riscopriti “comunità” intorno all’Eucaristia e all’amore che in quel gesto sacramentale si vela e si rivela.
Lascia che Gesù faccia ardere il tuo petto e rinfocoli l’amore che sembra essersi assopito e poi ritorna nel mondo ad annunciare a tutti che il volto del pellegrino che hai incontrato per strada e che ti ha riportato alla vita è quello del Signore, Colui che ti chiama ogni giorno a crescere e a rinnovarti con Lui.
Gesù, il compagno affidabile del nostro “vagabondare”
di Ernesto Perrone
In questi versetti del famosissimo episodio dei discepoli di Emmaus, non a caso celebrato da tanti artisti per il fascino che da esso promana, presente nel solo Vangelo secondo Luca mi colpisce, in particolare, un elemento, o meglio una figura, anzi la Figura per eccellenza, cioè Gesù che “in persona si accostò e camminava con loro”. E’ come se l’autore sacro avesse voluto rimarcare un elemento identificativo e personale per sgombrare ogni possibile dubbio sulla “consistenza” di quel tale che si accosta a Cleopa e all’altro sconosciuto discepolo: vale a dire, chi si avvicina loro, vuole ulteriormente sottolineare l’evangelista, non è un essere astratto né un fantasma né una proiezione psicologica del nostro io; no, chi si mette in ascolto quasi in punta di piedi e in maniera discretamente silenziosa dell’animato colloquio dei due discepoli è, anzi, Gesù “in persona”, che ci mette la faccia- come si suol dire, senza delegare nessuno nel sondare gli animi dei due confusi discepoli: cioè, a prendere l’iniziativa di una tale concretissima azione tutta eminentemente “umana” nella sua realistica dinamica non è uno qualunque ma proprio colui che è la “causa” di tutto quel discutere, colui che era stato poco prima crocifisso e poi risorto. E’ come se, dopo la Maddalena, Gesù avesse voluto nella sua indiscutibile corporeità e coraggiosa sicurezza confermare la verità della sua reale ed effettiva rinascita, del suo divino ritornare in vita, a delle persone che nel loro sconsolato cammino forse dubitavano di quanto di straordinario era accaduto e per di più talmente poco credibile perché annunciato da alcune donne notoriamente poco affidabili nella prassi giuridica della contemporanea società israelita. Come non leggere in tale scelta del Cristo un messaggio di fiduciosa e serena vicinanza all’uomo di ogni tempo, che oltrepassa i millenni e giunge intatto ai nostri inquieti e incerti giorni? Quanti di noi, nel nostro spesso confuso pellegrinare terreno, hanno sperimentato il vuoto, l’assenza (e il bisogno) di guide e amici sinceri, o semplicemente di chi sa ascoltare e quindi condividere il racconto delle nostre debolezze e di tutto ciò che non capiamo? Nel panorama sterminato delle culture di ogni tempo chi, come Gesù- diventando uno di noi e “scendendo” al nostro livello-, è riuscito a porsi concretamente accanto a noi come esemplificato nell’episodio dei discepoli di Emmaus, compagno del nostro faticoso “vagabondare” con tutto il bagaglio dei problemi, delle contraddizioni e il carico di domande di senso, che ci assillano e talora ci opprimono? Da qui la necessità di ripensare seriamente alla coerenza della nostra fede e al nostro rapporto con Gesù e un’occasione in tal senso davvero importante può essere costituita dal Sinodo della Chiesa voluto da papa Francesco: con esso ci viene offerta l’ennesima chance di riscoprire il significato profondo di un gesto, quello di Gesù, che dice non solo vicinanza fisica, ma soprattutto “via” per riempire di valore il nostro esistere troppo spesso tentato dalle sterili sirene del materialismo e del relativismo. E’ Lui che dà senso al nostro vivere affamato di prossimità, non ci sono altre “ricette” perché solo lui ha “parole di vita eterna”. Nel suo “On the Road”, “bibbia” della beat generation, J. Kerouac scrive, nelle prime pagine del romanzo:” Dove andiamo? Non lo so, ma dobbiamo andare”. E’ tutta qui la distanza siderale tra l’offrirsi di Gesù a noi e il modo di porsi di altri “maestri di vita” passati e contemporanei: per noi, cercatori di verità e orfani di senso, non bastano più le promesse degli “stregoni” di turno delle odierne parole, fatte di slogan logori ed incapaci di risposte vere e profonde. Solo Gesù si rivela per quello che è: un affidabile compagno di viaggio, che non si stanca di darci la sua salvifica mano, incrocia le nostre difficoltà e sostiene le nostre speranze. Certo la sua è una proposta irta di difficoltà, un “cammino” stretto e non facile perché impegnativo, ma è sempre partecipe delle nostre smarrite condizioni e dunque sicuro porto nei nostri quotidiani naufragi. Nonostante le nostre infedeltà e resistenze, Egli è perciò l’unico che conferisce un senso ai nostri giorni, li valorizza, li “santifica”, rendendoli degni di una vita consapevole, fruttuosa e produttiva di tanti doni per noi e per gli altri. E se, volendo citare una voce importante e testimone laico e credibile degli umori dell’odierna società, anche una star musicale del calibro di Vasco Rossi, che con la riconosciuta efficacia delle sue note e testi sa parlare a migliaia di giovani(… e non solo), eleva la sua accorata richiesta di “senso” in uno dei suoi brani più famosi e significativi ( “ Voglio trovare un senso a questa vita anche se questa vita un senso non ce l’ha”), vuol dire che il nostro tempo è ancora schiacciato da tale gigantesco dilemma che l’umanità si porta appresso come un fardello da cui non riesce a scrollarsi. Eppure la soluzione definitiva a questo problema esistenziale l’uomo di ogni tempo l’ha sempre avuta a portata di mano, anzi… di anima ed ha un nome preciso: Gesù, che ieri come oggi non aspetta altro che illuminare con la lampada delle sue parole e del suo esempio i nostri passi, altrimenti malfermi, verso la meta della salvezza personale e della più generale promozione umana.
La Parola, le parole