
di Renzo Ambroselli
Il Santo Natale di Papa Francesco è iniziato proseguendo sulla via che ha caratterizzato da sempre il suo pontificato: l’incontro con gli “ultimi”, i poveri, gli emarginati, gli “invisibili” agli occhi di questa società che si affaccia senz’anima al terzo millennio.
Anche la scelta fatta da Papa Francesco dei suoi “ospiti” ha voluto essere un chiaro messaggio per tutti noi, alla vigilia di un Natale come sempre fondato sulla vacuità dei doni e del consumismo.
All’incontro, trasmesso in televisione qualche giorno fa, c’era Giovanna, una mamma con una vita familiare fatta di violenza e di soprusi indicibili, costretta a fuggire insieme ai figli dal coniuge che la perseguitava, oggi in condizioni di ancora più grave indigenza, perché il Covid l’ha lasciata senza lavoro.
Con Giovanna c’era la “signora Maria”, una “senzatetto” rappresentante di quegli invisibili che la notte inghiotte, sul ciglio di una strada o su una panchina, e accanto ai quali molti di noi accelerano il passo, “per non vedere”.
Con loro anche la giovane Maristella, una diciottenne scout che la pandemia ha privato della voglia di gioire, perché le ha tolto gli amici, gli incontri, quello stare insieme che fa dell’adolescenza il periodo forse più importante della formazione alla vita dell’individuo; e che, improvvisamente sola, lei che era sempre stata sorretta da una fede tranquilla, si è scoperta ad essere perfino “arrabbiata con Dio”.
Insieme a loro, quasi a voler chiudere il cerchio dei molti, troppi “invisibili” di questa nostra società che sembra fatta solo per quelli che “posseggono”, e tiene ai margini quelli “ricchi” solo di sofferenza e solitudine, c’era anche Pierdonato, un ex ergastolano che ha finito di scontare 25 anni di carcere; e che, dopo essere sprofondato nel buco nero della realtà brutale e senza dignità delle carceri italiane, è stato pian piano capace di risalire verso la Luce, attraverso la lettura del Vangelo.
Ma l’assoluta novità dell’incontro è stata nel fatto, tutto nuovo, che sono stati gli “invisibili” ad interrogare il Sommo Pontefice, a “chiedere conto” a lui delle proprie sofferenze e dei propri dolori.
Così Giovanna, per prima, ha chiesto a Papa Francesco come si possa ritrovare la propria dignità, ferita e violata da anni di soprusi.
La risposta del Papa – che ha definito “satanica” ogni forma di violenza sull’altro – non si è fatta attendere, e si è rifatta all’esempio altissimo della dignità della Vergine di fronte alla violenza suprema della Croce sofferta dal Figlio.
“È umiliante” – ha esordito Papa Francesco – “quando un papà o una mamma danno uno schiaffo in faccia a un bambino. E io lo dico sempre, mai dare uno schiaffo in faccia. Come mai? Perché la dignità è la faccia. Questa è la parola che io vorrei riprendere: qual è la dignità delle donne picchiate, abusate? Ecco, mi viene in mente l’immagine” – ha aggiunto il Papa – “che si trova sulla destra, entrando nella Basilica di S. Pietro, la statua della Pietà: la Madonna è umiliata, davanti al figlio nudo, crocifisso, malfattore agli occhi di tutti. E’ la mamma che lo ha allevato, ed ora è totalmente umiliata, in suprema sofferenza. Ma Lei non ha perso la dignità. Guardare quest’immagine in momenti difficili come il tuo, di totale umiliazione” – ha detto il Papa a Giovanna – “quando si sente di perdere la dignità, ci dà forza. Tu guarda la Madonna” – ha ripetuto Francesco con dolcezza – “e fai tua quell’immagine di coraggio”.
“Ma come avere coraggio” ha replicato Giovanna “dopo aver perso casa, lavoro, tutto insomma, come conseguenza della pandemia?”
“Il Covid ci ha messo tutti in crisi” – ha risposto il Papa – “e una strada per uscire dalla crisi può essere l’amarezza, che tante volte purtroppo spinge a farla finita; così, il numero dei suicidi è tanto aumentato. Ma ciò che conta è il tuo esempio” – ha aggiunto Francesco – “perché vedo che tu stai lottando per uscire migliore dalla crisi, non ti sei data per vinta. E questo è grande, è una grande lezione di resistenza alle calamità. Tu fai una scommessa per la vita, e per la vita dei tuoi figli tu vai avanti. Non sai dove, perché oggi non hai casa e non hai lavoro. Ma stai guardando avanti, ed è così che stai uscendo migliore di prima, e non sarai sola. Troverai gente che ti accompagni nel cammino”.
E’ stata poi la volta di Maria, la senzatetto, che ha chiesto a Papa Francesco perché la società sia così crudele verso i poveri, e perché questa sia diventata la società dell’indifferenza verso l’indigenza.
E Francesco ha risposto: “Tu parli giustamente di crudeltà, e questo è lo schiaffo più duro che caratterizza questa società, ignorare il problema altrui. Noi stiamo entrando in una cultura dell’indifferenza, dove cerchiamo di allontanarci dai veri problemi, dal dolore della mancanza di abitazioni, della mancanza del lavoro. Anzi, non vediamo che con la pandemia i problemi sono aumentati, perché bussano alla porta di chi ha bisogno coloro che offrono denaro in prestito, gli usurai. E un povero, una persona che ha bisogno, e cade nelle mani degli usurai poi perde tutto, perché questi non perdonano. Ma tu” – ha poi chiesto Francesco a Maria – “quando trovi una persona che sta peggio, tu vai a dargli una mano?”; e dopo la convinta risposta affermativa della senzatetto, il Papa ha commentato: “Ecco: solo quando si è nel dolore si capisce la profondità del dolore. Non bisogna mai cessare di guardare in faccia i problemi, perché ci sarà sempre qualcun altro che sta peggio di te e ha bisogno del tuo sguardo, che lo aiuti ad andare avanti”.
Maria allora ha chiesto al Papa cosa si possa fare perché finalmente il cuore della gente si apra ai poveri. E Francesco ha risposto: “Quando tu guardi in faccia un povero, il tuo cuore cambia, perché è arrivato al ‘sacramento del povero’, ed è proprio lo sguardo del povero che ti cambia. Ma questa ‘cultura dello scarto’ purtroppo non esiste soltanto nei confronti dei poveri!” – ha aggiunto mesto Papa Francesco – “Quante volte, infatti, in una famiglia si vive la realtà di ‘scartare i vecchi’, scartare i nonni! Ma quando si cerca una casa di riposo per mettere ‘in deposito’ il tuo vecchio o i nonni, si compie qualcosa di spietato. Si manda via quello che non ci piace. E questo a volte accade anche dall’inizio della vita. Tante volte viene un figlio e si dice: mandiamolo al mittente, perché è un ‘problema’. Una società è malata se comincia a scartare i poveri e gli anziani, o addirittura i figli. Ma dobbiamo lottare contro tutto questo”.
E’ stata quindi la volta di Pierdonato, l’ex ergastolano, che ha chiesto al Papa se ci possa davvero essere speranza per chi desideri, da recluso, sperimentare un vero cambiamento. E Francesco ha risposto con la frase della Bibbia: “La speranza non delude mai. C’è sempre Dio accanto a te e ad ognuno, perché Dio è vicinanza, compassione e tenerezza. Dio è non solo con tutti i carcerati, ma accanto a qualsiasi persona in difficoltà.” Guardando poi Pierdonato negli occhi Papa Francesco ha aggiunto: “Tu non lo dici, ma sai in fondo al cuore che sei perdonato, e che anche tu hai con te quella speranza che non delude. Posso dirti una cosa: Dio perdona sempre. La nostra forza è nella speranza di questo Dio vicino, compassionevole e tenero, come una mamma. Lui stesso lo dice, e per questo tu e tutti noi abbiamo quella speranza”.
“Ma come risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri” – ha chiesto Pierdonato a Papa Francesco – “e sanare le tante ferite sofferte a causa del Covid dai detenuti?”.
E Francesco ha spiegato: “La pandemia ha certamente fatto questo, ha acuito il problema del sovraffollamento delle carceri. ll sovraffollamento è un muro e non è umano! Qualsiasi condanna per un delitto commesso deve avere una speranza, una finestra. Un carcere senza finestre è un muro. Una cella deve avere sempre una finestra, non necessariamente fisica, ma esistenziale e spirituale. Un recluso deve poter dire: ‘Io so che uscirò, io so che potrò cambiare’. Per questo la Chiesa è contro la pena di morte, perché nella morte non c’è finestra, lì si chiude una vita”.
E’ stato infine il turno di Maristella, l’adolescente che, quasi con timidezza, ha chiesto a Francesco come affrontare il tema delle conseguenze del Covid per i giovani e come riuscire a vivere oggi, nelle restrizioni date dalla pandemia, una relazione sana, fatta di contatti e di esperienze.
Il Papa le ha detto: “Nel lockdown è certamente mancato il contatto con gli amici, persino con i famigliari che magari vivono lontano; e per tanti giovani anche con la scuola. Ma noi abbiamo bisogno del contatto faccia a faccia, e non si deve cedere alla tentazione di isolarci con altri metodi, per esempio entrare in contatto con gli altri soltanto con il telefonino. Al dialogo concreto non si può supplire col dialogo online. Non possiamo perdere il contatto diretto con gli altri” – ha aggiunto Papa Francesco – “andare insieme a scuola, andare a passeggiare, andare insieme a bere un caffè con un amico. Perché se noi lasciamo da parte il contatto reale finiremo anche noi per diventare senza consistenza; e soprattutto, incapaci di tenerezza”.
Mariastella ha allora domandato al Papa come sia possibile avere un rapporto con Dio e soprattutto mantenerlo, anche in questo tempo così difficile di pandemia. “Nella pandemia” – le ha risposto Papa Francesco – “tutto è stato messo alla prova, anche il rapporto con Dio. Perché il rapporto con Dio non è una cosa lineare che va sempre bene; il rapporto con Dio ha delle crisi, come ogni rapporto di amore. Prendi il Vangelo” – l’ha esortata Francesco – “perché nel Vangelo è la parola di Dio, che tu sarai capace di ritrovare. Io ho paura dei predicatori che vogliono sanare la vita in crisi con tante, tante parole. La vita in crisi si risana solo con la vicinanza, la compassione, la tenerezza. E tutto questo te lo dà il Vangelo.” Poi Papa Francesco ha aggiunto sorridendo – “A qualcuno sembrerà un po’ strano, ma se tu ora mi chiedessi: ‘Padre, arrabbiarsi con Dio è peccato?’, io ti direi di no. Perché dire: ‘Signore, non ti capisco’, anche questo è un modo di pregare! Tante volte i bambini si arrabbiano con i genitori, ma perché stanno solo chiedendo la loro attenzione. Non si deve avere paura di ‘arrabbiarsi con Dio’, ma avere la libertà del figlio davanti al Padre. E se talvolta ci si ‘arrabbia con Dio’ perché non va questo o quello, noi lo sappiamo che comunque Lui ci vuole bene, perché in quanto Padre Lui sa come possiamo reagire, noi che siamo tutti bambini dinanzi a Dio. Bisogna sempre avere il coraggio di dire al Signore tutti i sentimenti che ci affliggono. Con il Vangelo in mano e il cuore pacificato”.
Al termine del colloquio Papa Francesco si è rivolto a tutti noi, attraverso lo schermo del televisore, e ha detto: “Cosa pensate del Natale? Che dovete uscire a comprare questo o quell’altro? Ma cos’è il Natale? È un albero? Una statua di un bambino con una donna e un uomo accanto? Certo, il Natale è la nascita di Gesù. Ma fermiamoci un attimo, e pensiamo al Natale anche come un messaggio di pace. Io vi auguro un Natale con Gesù, un vero Natale. Questo vuol dire che non possiamo mangiare? Che non possiamo fare festa? No, fate festa, mangiate tutto, ma fatelo con Gesù, cioè con la pace nel cuore.
Fate festa, fate dei regali, ma non dimenticatevi di Gesù. Il Natale è Gesù che viene a toccarti il cuore, Gesù che viene a toccare la tua famiglia, che viene da te, a casa tua, nel cuore tuo, nella tua vita. È facile convivere con Gesù, non dimenticarlo.
Buon Santo Natale a tutti. E non dimenticate anche di pregare per me!”
Un Natale insieme agli “ultimi”. L’incontro di Papa Francesco con gli emarginati della società