
di Renzo Ambroselli
Mentre scrivo questo articolo, risuona ancora forte in me il grido che, durante l’Angelus domenicale dello scorso 14 marzo, davanti a tanti fedeli riuniti in Piazza S. Pietro, Papa Francesco ha lanciato al mondo: “In nome di Dio, fermate questo massacro!”.
Sette giorni prima, il Santo Padre aveva già espresso con voce rotta dall’emozione il suo accorato appello perchè venissero subito aperti corridoi umanitari veri, per dare soccorso a chi è sotto le bombe: “Ringrazio tutti coloro che stanno accogliendo i profughi. Mi auguro che prevalga il buon senso e prevalga il diritto internazionale”. Il Papa ha anche ringraziato i giornalisti e le giornaliste per il servizio che svolgono: “Il loro lavoro ci permette di valutare la crudeltà di una guerra. La guerra è una pazzia!”.
Papa Francesco ha ragione: la guerra è certamente una pazzia.
La guerra è una pazzia, scolpita sul volto insanguinato di una giovane madre e negli occhi terrorizzati del suo piccolo, fantasmi riemersi dalle macerie dell’ospedale pediatrico di Mariupol, raso al suolo dai ripetuti raid aerei russi; preludio della strage causata dal bombardamento del Teatro, dove sotto le macerie sono invece rimasti sepolti centinaia di civili, che là si erano rifugiati.
La guerra è l’angoscia delle centinaia di persone che vivono da troppi giorni stipate come topi, senza cibo né acqua, nei rifugi sotterranei di Kharkiv, ridotta a un paesaggio lunare da bombardamenti che non cessano neanche di notte.
La guerra sono le lunghe fosse comuni, scavate in fretta per i tanti, troppi civili caduti sotto le bombe o lo spietato tiro dei cecchini. Fosse comuni che purtroppo non bastano già più, mentre le strade delle città ucraine devastate si riempiono di corpi senza nome, che forse non troveranno mai neanche una degna sepoltura.
La guerra è la fila interminabile di donne, di anziani, di bambini costretti a salutare – forse per sempre, con indicibile dolore – gli uomini lasciati a combattere (e a morire) per difendere non solo la propria terra, ma anche la propria libertà, in nome dell’intera Europa. Chi parte è diventato un fiume impetuoso di carne, lacrime e dolore, fatto di milioni di profughi che busseranno presto alla porta delle nostre coscienze, per chiedere pane e giustizia. Ma soprattutto speranza, pace e diritto ad una vita degna di essere vissuta. E che noi tutti saremo chiamati a garantire, senza tentennamenti.
La guerra è tutto questo, e purtroppo molto altro ancora.
Di fronte a questa tragedia rischia di consumarsi (forse definitivamente) il crepuscolo dell’Occidente, che si scopre impotente a contrastare la tempesta umanitaria scatenata dalla violenza di un tiranno brutale, che dimostra di non conoscere pietà, e di odiare la pace.
Un Occidente che solo ora, perché sangue e lacrime bagnano i suoi confini, sembra accorgersi che la violenza e la guerra non hanno mai cessato di infangare il mondo. E che la tragedia del popolo ucraino è solo la prosecuzione di quelle già vissute da altri popoli, che in tutti questi anni abbiamo voluto rimuovere dalle nostre coscienze, e che ci siamo rifiutati di vedere: i curdi, gli iracheni, gli afgani, i cambogiani, gli yemeniti, i palestinesi, gli uiguri, i tibetani, i siriani; senza contare i ripetuti genocidi consumati nel continente africano.
Un Occidente che oggi impone alla Russia sanzioni certo durissime. Ma che rischiano di rivelarsi inutili, visto che l’Europa non può fare a meno del gas russo, che continua a comprare (e a pagare) ad un prezzo triplicato, proprio a causa del conflitto in Ucraina. Così, l’Europa finisce per rimpinguare, con quasi un miliardo di valuta pregiata ogni giorno, le casse dell’autoproclamatosi Zar della nuova Grande Russia; e, di fatto, finanzia anche la sua guerra scellerata.
Così, di colpo, le lancette dell’orologio della storia hanno iniziato a girare velocemente all’indietro, mentre il Vecchio Continente è ripiombato nel buio di una paura antica. E il futuro sembra tornare ad essere uguale a un passato di dolore e di morte, che tutti noi credevamo ormai sepolto per sempre.
Papa Francesco aveva, profeticamente, già visto tutto questo. E ci aveva anche più volte accoratamente ricordato come il Male, oggi, sia una realtà concreta e reale, con cui l’intera umanità è chiamata a fare i conti ed a lottare, per la sua stessa sopravvivenza.
Nella sua enciclica “Fratelli tutti” Papa Francesco aveva già espresso con forza il concetto che “non esiste una guerra giusta”.
In particolare, nei paragrafi dal 256 al 262 del settimo capitolo dedicato ai percorsi di pace per un nuovo incontro, si dichiara con chiarezza l’inammissibilità della teoria della “guerra giusta”.
Sono pagine che riprendono e portano a compimento l’insegnamento sviluppatosi soprattutto nel post-Concilio. Con il Concilio Vaticano II c’è stato infatti un generale ripensamento della dottrina della “guerra giusta”, nato soprattutto a partire dal 1500.
Già contro la guerra si era espresso con forza nel 1963 San Giovanni XXIII, con la sua enciclica “Pacem in terris”; Il “Papa buono” definiva la guerra come qualcosa di “alienum est a ratione”, affermando quindi, più di mezzo secolo fa, come fosse follia pura il pensare di risolvere così i problemi del mondo e le dispute fra le nazioni.
Le pagine della “Fratelli tutti” di Papa Francesco dedicate alla guerra si inseriscono quindi in questa scia, ribadendo ciò che afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica – che viene non a caso richiamato nel testo – e cioè che non si può più parlare di “guerra giusta”, neanche a sostegno della legittimità di difendersi militarmente se si è attaccati.
La grande novità dell’insegnamento di Papa Francesco su questi temi era stata del resto ampliata in un discorso pronunciato lo scorso anno nel suo viaggio in Giappone, quando aveva detto che “anche il solo possesso di armi nucleari a scopo deterrente è già immorale”.
Con la “Fratelli tutti” Papa Francesco va quindi oltre. Lo stesso Catechismo, come ricorda il Santo Padre nella sua Enciclica, usando i criteri della discriminazione tra “combattenti e non combattenti” e della “proporzione”, era comunque giunto a “tollerare” la possibilità della “legittima difesa”.
Ma se si è onesti, questo è il ragionamento del Papa, si capisce che oggi che non c’è alcun sopruso che possa “giustificare” l’utilizzo degli armamenti moderni, in quanto essi sono, per loro stessa natura, sempre altamente distruttivi.
Quindi con Papa Francesco non è la dottrina che è cambiata, ma è la dottrina stessa della “guerra giusta” che ha dichiarato la propria fine, proprio in virtù di quei criteri che le servivano per giustificare la “regolamentazione della violenza”.
Non dimentichiamo, infatti, che l’accettazione del concetto della guerra fatta per “legittima difesa” era stato ancora sancito negli anni ‘90, durante il pontificato di San Giovanni Paolo II, in occasione del conflitto nei Balcani.
La novità assoluta introdotta da Papa Francesco è, al contrario, l’affermazione del “principio” secondo cui oggi, e in nessun caso, una guerra possa definirsi “giustificabile”, neanche a scopo “difensivo”. Così Papa Francesco giunge a superare anche la posizione di San Giovanni Paolo II, che aveva ammesso la possibilità dell’intervento umanitario, come era avvenuto nel caso della guerra in Bosnia, quale supporto alla “legittima difesa” di coloro che non erano in grado di difendersi. Il concetto a sostegno dell’intervento armato era stato, allora: io ti presto le mie armi, la mia forza militare, perché tu che dovresti difenderti non hai la forza per farlo.
Con Papa Francesco, invece, la guerra viene definitivamente riconosciuta per quello che è: una pazzia da rinnegare, sempre e comunque. Perché la guerra è sempre negazione della dignità dell’uomo, è sempre distruzione, è sempreil “Male” assoluto.
Il Male, appunto. Che Papa Bergoglio ci ha più volte ricordato non essere un concetto astratto, ma una presenza concreta e reale, che può quindi farsi persona ed agire; come il nuovo Caino che abita il Cremlino, il quale ha “giustificato” la sua decisione di aver dato corso ad una guerra per ridare vita ad una (antistorica) Grande Russia, e per la “necessaria difesa” delle popolazioni russofone dell’Ucraina.
“E’ proprio questa ossessione del potere” ci ricorda al contrario Papa Francesco “che rende l’uomo schiavo del Male.”
Nell’Angelus della prima domenica di Quaresima, il Santo Padre, riflettendo sul Vangelo della tentazione di Gesù nel deserto, ci ha ricordato che “Il diavolo si presenta a volte sotto apparenti forma di bene o di motivazioni ‘sacre’”. Forte è stato al riguardo il monito di Papa Francesco: “Il possesso delle cose, il potere, la fama, sono il veleno delle passioni in cui si radica il Male”.
Osservando “da vicino” le tentazioni contro cui Gesù si trova costretto a combattere nei suoi 40 giorni nel deserto, Papa Francesco ha osservato che tali tentazioni sono le stesse “che accompagnano anche noi nel cammino della vita”.
Ma Cristo, ci ha ricordato Papa Francesco “si oppone in modo vincente alle attrattive del Male, rispondendo alle tentazioni con la Parola di Dio, che dice di non approfittare, di non usare Dio, gli altri e le cose per sé stessi, di non sfruttare la propria posizione per acquisire privilegi”; perché “la felicità e la libertà vera non stanno nel possedere, ma nel condividere; non nell’approfittare degli altri, ma nell’amarli; non nell’ossessione del potere, ma nella gioia del servizio”. Da ciò il monito più forte, che Papa Francesco aveva già ripetuto più volte nel corso del suo pontificato: “Con il Male, niente compromessi! Con il diavolo niente dialogo! Con la tentazione non si deve dialogare, mai. Guardiamo a Gesù” ha esortato il Papa ”che non cerca accomodamenti, non fa accordi con il Male. Al diavolo oppone la Parola di Dio e così vince le tentazioni!”.
Ed ecco il suo invito conclusivo: “Facciamo chiarezza interiore, mettendoci davanti alla Parola di Dio nella preghiera, perché abbia luogo in noi una benefica lotta contro il Male che ci rende schiavi, una lotta per la vera libertà.”
Questo ci dice il Santo Padre.
E allora a noi non resta che pregare, perché il Signore riesca a illuminare persino il cuore dell’uomo senza pietà che ha dato il via a questa orrenda carneficina. Non ci resta che pregare come Gesù ci ha insegnato, con la preghiera più bella che possiamo elevare al Cielo come figli di Dio, il Padre Nostro.
Che si conclude proprio con queste parole: “liberaci dal Male.”.
Liberaci dal male